Bari: tutti uniti contro gli sfratti!

4' di lettura

Comunicato 

Dopo circa sette anni tornano i picchetti anti sfratto a Bari. 

Il presidio di questa mattina è la prima iniziativa del percorso avviato in città il 21 novembre, un percorso che verte sulla necessità di creare una rete di solidarietà e lotta contro ogni sfratto, consapevole di tutto ciò che coinvolge il diritto alla casa, dalla salute al reddito, dallo studio alla residenza. 

Il presidio si è svolto al rione libertà, quartiere cantiere di residence ma noto per le abitazioni bettola, contraddizioni tipica della città che rincorre il modello della metropoli delle vetrine e delle cittadelle ora della cultura ora della giustizia e che ghettizza nella periferia chi nella città ci lavora, ci studia.

Oggi unite, uniti, rompendo il muro del silenzio, siamo riuscit3 a dare tempo ad una famiglia monogenitoriale con minori, ma siamo determinat3 a prenderci ciò che ci spetta e anche di più!


Appello: la casa è un diritto non un favore! L’amministrazione comunale dia risposte concrete

Nel totale disinteresse istituzionale l’emergenza abitativa a Bari diventa sempre più cronica e critica. Aldilà delle convinzioni dell’assessore al Patrimonio, Vito Lacoppola, anche la Corte Costituzionale ha riconosciuto la casa come un bene primario per l’individuo e stabilito la natura inviolabile del diritto all’abitare e all’esistenza di un obbligo generale da parte della comunità di evitare che le persone diventino senza dimora( sentt. 49 / 1987, 2017/1988 e 404/1988) 

La città ha scoperto una vena turistica ‘usa e getta’ che non ha fatto altro che aumentare i profitti dei gestori dei ristoranti del centro, in cui è noto lo sfruttamento di lavoratori e lavoratrici del settore, e dei proprietari di case che hanno convertito gli immobili in Bed & Breakfast vedendo crescere considerevolmente le proprie rendite. Tutto ciò ha prodotto una diminuzione dell’offerta a fronte di una richiesta che resta immutata, specialmente in alcuni quartieri popolari, come Madonnella e Libertà, che già stavano affrontando un pericoloso processo di gentrificazione. Il risultato è ovviamente la lievitazione degli affitti divenuti inaccessibili ad una sempre più larga fetta di popolazione.

Si ripetono, insomma, le stesse dinamiche speculative che hanno portato negli anni ‘90 alla “deportazione” degli e delle abitanti di Bari vecchia nelle estreme periferie della città.

L’amministrazione comunale di fronte a questo processo,non solo non è intervenuta cercando di imporre una minima regolamentazione, ma ne ha fatto addirittura motivo di vanto: Bari è sulle copertine dei magazine internazionali, pertanto i poveri possono aspettare. 

Eppure, secondo lo stesso assessore al Patrimonio, Vito Lacoppola, si contano almeno 500 nuclei familiari in attesa di casa popolare.

Tutto ciò si iscrive perfettamente nella carenza strutturale di politiche di welfare ormai sostituite da campagne di promozione sociale basate sul volontarismo di singoli/e ed associazioni.

Le soluzioni promosse dal Comune di Bari sul versante diritto casa non sono che palliativi, nella migliore delle ipotesi, di natura emergenziale, di fronte ad una situazione che è ormai diventata strutturale, ne sono un esempio le “case di comunità” che la stessa assessora al welfare, Francesca Bottalico, esalta ingiustificatamente con una certa frequenza sui propri canali social.

Inoltre vivere in una casa di comunità comporta una negazione della propria autonomia e della propria autodeterminazione, dovendo fare i conti con regole da “collegio”, quale il coprifuoco e la promiscuità con altre persone, intese come numeri, le quali si ritrovano deprivate della possibilità di vedersi riconosciuti bisogni specifici, individuali, propri di ciascuna individualità con conseguente depersonalizzazione e passaggio da persona ad utente (passivo).

Da sole, senza i necessari interventi strutturali a garanzia del diritto alla casa, le case di comunità diventano funzionali ad una cronicizzazione del problema, giovando esclusivamente a chi gestisce il Terzo Settore (anche a danno dei lavoratori e delle lavoratrici spesso costretti/e ad operare in condizioni lavorative di sfruttamento) che le gestisce su affidamento diretto del Comune o tramite bando.

Le case di comunità nascono infatti per tamponare provvisoriamente situazioni di emergenza immediata, e non possono essere sicuramente intese come una soluzione definitiva. Ci sono persone, invece, che in queste strutture vi restano per anni e/o vi accedono più volte nel corso della loro vita senza alcun reale supporto atto a modificare le proprie condizioni esistenziali.

Restando in tema di bandi, quello per l’assegnazione delle case popolari è fermo dal 2018 e comunque di nuovi investimenti sull’edilizia residenziale pubblica non vi è traccia, mentre i palazzinari pasteggiano delle nostre periferie (Bari è maglia nera rispetto all’erosione di suolo secondo i dati Ispra).

Comune di Bari, Città Metropolitana e pubblico demanio contano molteplici immobili inutilizzati, che potrebbero essere convertiti in abitazioni per chi ne ha bisogno, ma restano in stato di abbandono o vengono indirizzati verso altri utilizzi.

Le persone senza dimora sono condannate ad una circolarità tossica, entrando ed uscendo da dormitori o progetti vari. L’assenza di una residenza rende impossibile l’accesso a prestazioni previdenziali basilari e/o al rinnovo del permesso di soggiorno. Addirittura le dimissioni da strutture ospedaliere pubbliche divengono complesse, se non ostacolate, in assenza di una dimensione abitativa adeguata e/o assenza di residenza, con il rischio di degenze prolungate e aumento del rischio di infezioni nosocomiali.

Questa non è dignità.

Di fronte a tutto questo, non possiamo restare fermi e ferme. Sosterremo in ogni modo, con la nostra solidarietà ed i nostri corpi, le persone che si trovano sotto sfratto per morosità incolpevole, che vedono le proprie vite in bilico, rompendo silenzi e solitudini. 

Esigiamo che il Comune si attivi con la prefettura per l’immediato blocco degli sfratti affinché le persone possano fare un passaggio diretto da una casa all’altra. 

Sostegno a tutte le esperienze di riappropriazione di spazi ad uso abitativo con conseguente regolarizzazione delle stesse, contro ogni effetto discriminatorio dettato da leggi e dispositi nazionali (ad esempio l’art.5 del “Piano Casa” Lupi) 

Favorire il riuso e l’autorecupero di immobili abbandonati tramite percorsi di progettazione dal basso.

il seguente appello è il frutto della partecipata assemblea composta da realtà sociali e da persone sotto sfratto del 21 novembre scorso a Spazio17. 

Invitiamo tutte e tutti, singoli individui e realtà sociali, a sottoscrivere l’appello e a supportare il diritto alla casa.

Per aderire inviare email all’indirizzo: [email protected]