GKN FIRENZE: LAVORATORI TRATTATI COME BESTIE

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“Ci hanno trattato come bestie”, questa l’amara considerazione dei lavoratori della sede fiorentina della multinazionale GKN, dopo i 422 licenziamenti arrivati via mail senza alcun preavviso.

La azienda ha infatti approfittato di una giornata di ferie, “gentilmente” concessa a trabocchetto a tutti i dipendenti, per procedere al licenziamento di massa, mentre molti dei lavoratori avevano approfittato del giorno libero per andare al mare o stare con le famiglie.

Una mossa vile che la azienda rivendica, in un comunicato ufficiale alle organizzazioni sindacali presenti in fabbrica, illustrando la convenienza a chiudere il plesso fiorentino per rafforzare altri siti industriali, probabilmente fuori dall’Italia.

Nella liquidazione selvaggia l’azienda non fa differenza tra operai, personale amministrativo e persino dirigenti, tutti buttati nel macero della soppressione, senza alcuna possibilità di trattativa. Infatti l’azienda rifiuta ogni altra soluzione, che sia la cassa integrazione rotativa o siano contratti di solidarietà perché, dicono i padroni, ogni misura mitigatoria sarebbe incoerente con la volontà di chiusura. Per molti lavoratori anche dopo decenni passati su quei macchinari, sputando sudore e sangue per arricchire le casse aziendali, nessuna prospettiva o spiraglio concesso!

È emblematico che il licenziamento collettivo arrivi pochi giorni dopo lo sblocco, da parte del governo Draghi in accordo con le burocrazie di Cgil, Cisl e Uil, dei licenziamenti. In verità la procedura di chiusura totale della fabbrica avrebbe consentito alla azienda di procedere a licenziare i lavoratori anche con il blocco dei licenziamenti ancora attivo, come già successo ad esempio per lavoratrici e lavoratori della Bekaert di Figline Valdarno; eppure la coincidenza temporale con lo sblocco dei licenziamenti non può essere casuale: se la motivazione non è tecnica allora è politica! Un segnale evidente della arroganza dei padroni che tornano ad affermare la loro supremazia e al contempo la fine concordata di una tregua istituzionale, siglata probabilmente oltre le regole ufficiali dei decreti. Del resto i padroni di Gkn devono essersi sentiti molto forti, sapendo che il governo Draghi rappresenta e difende la grande finanza mondiale.

Disgustoso che le forze politiche di governo che hanno eseguito i diktat di Confindustria, persino nelle sue componenti più aggressive e reazionarie come la Lega, si siano affrettate a portare ipocritamente solidarietà ai lavoratori, facendo appello alla bontà aziendale per riaprire la trattativa.

Anche la sfilata dei sindaci della zona ci pare quantomeno tardiva e inutile. Sono infatti molti anni che le Rsu della Gkn, con lavoratrici e lavoratori, lottano contro l’arroganza dell’azienda, denunciando a più riprese pubblicamene i rischi di speculazione e la negazione dei diritti all’interno della fabbrica.

Eppure proprio in quella fabbrica le operaie e gli operai hanno ottenuto in questi anni importanti vittorie sia sul fronte della rappresentanza sindacale che su quello economico e lavorativo; battaglie esemplari e rare soprattutto all’interno del mondo confederale a cui le rsu fanno riferimento, per cui i padroni hanno evidentemente studiato e preteso il conto.

Questi signori dell’arroganza e del cinismo non avevano però messo in conto la reazione degli operai, che appena ricevuto la mail di licenziamento, sono corsi alla fabbrica in massa, forzando i cancelli, superando le guardie private schierate dal padrone e occupando il sito industriale, per presidiare i macchinari e la merce già prodotta.

Subito dopo centinaia di compagni/e e di cittadini/e hanno risposto alla chiamata degli operai accorrendo al presidio, per difendere la dignità e il futuro non solo di 422 famiglie ma di tutto l’indotto e di un’intera area.

La lotta si presenta comunque durissima e difficile: non si può infatti scioperare contro un padrone che ha già chiuso, né andare a prendere i responsabili nei loro palazzi, nascosti magari in lontani paradisi fiscali: per questo è fondamentale estendere il più possibile la solidarietà e la lotta, organizzando scioperi e proteste anche in altre aziende.

Il sistema è modellato a utilità e consumo delle grandi aziende e in particolare per le multinazionali, libere di riempirsi le tasche e fuggire lasciando deserti, senza che alcuna regola possa ostacolarle; eppure sarebbe fondamentale commissariare, nazionalizzare, espropriare; rimedi necessari contro i gradi speculatori ma che devono essere conquistati con la lotta, per restituire le fabbriche agli operai e alla collettività! La requisizione per interesse collettivo è una parola d’ordine che deve tornare a essere urlata nelle piazze, tanto forte da frantumare le finestre delle stanze del potere. Ma non basta, perché una fabbrica oltre che produrre deve poter vendere, mentre intere filiere sono manipolate e gestite dai contratti e dai cartelli tra le aziende, per questo sarebbe necessario ed urgente, oltre all’autogestione delle fabbriche, anche il controllo pubblico delle filiere produttive.

Peraltro oggi le direzioni dei grandi sindacati confederali, schierati dalla parte del governo e dei capitalisti (come dimostra da ultimo il vergognoso accordo sullo sblocco dei licenziamenti) non hanno nessuna intenzione di rilanciare la lotta di classe e si ritirano quando le lotte si spostano dai comodi tavoli di trattativa alle piazze e ai cancelli delle fabbriche; d’altro canto spesso il sindacalismo di base, impegnato in guerre egemoniche e narcisiste e sempre concentrato a celebrare se stesso nelle iconografie circolari dei social media, non ha ancora la forza e l’intelligenza necessaria per raccogliere il testimone sindacale delle grandi crisi industriali e coordinare le lotte.

In tutto ciò, l’unità dei lavoratori all’interno della fabbrica e la solidarietà delle altre realtà operaie, degli altri comparti e settori lavorativi, come il coinvolgimento delle masse popolari e la loro generale presa di coscienza, sono l’unica vera arma a disposizione dei lavoratori, che possono e devono resistere a questi attacchi vili e violenti del capitalismo italiano e internazionale.

L’unità è un bene prezioso che va costruito senza gli eccessi di retorica visti in passato in troppe vertenze, curando con solidarietà e reciprocità i rapporti sociali, sindacali e politici, concentrandoli nella sintesi delle lotte.

Per quanto ci riguarda impegneremo ogni nostra forza per evidenziare le ragioni dei lavoratori, mantenere viva la attenzione di tutte/i sul dramma e sulle battaglie che hanno di fronte e saremo presenti fisicamente al loro fianco nelle sfide, difficili ma fondamentali, che li aspettano e ci aspettano nelle prossime settimane.

Se i padron vogliono alzare il livello dello scontro noi non ci faremo trovare impreparati.

Non ci saranno rese né compromessi accettabili. Stavolta si lotta per restare, stavolta si lotta per vincere!

11 LUGLIO 2021

FRONTE DI LOTTA NO AUSTERITY