La svendita della sanità: intervista a Paola della Cub Sanità di Firenze

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  1. Il 26 giugno ci sarà una mobilitazione nazionale di Cub e Usi per la Sanità Pubblica, quali sono le rivendicazioni? In particolare il Presidio di Firenze come sarà articolato?

La piattaforma nazionale relativa alla mobilitazione del 26 giugno, parte dal riconoscimento delle responsabilità maggiori che hanno portato al disinvestimento e depotenziamento del sistema sanitario pubblico: con le politiche di austerità europee è stato imposta a tutti i Paesi dell’Eurozona la riduzione di tutti i servizi pubblici, tra cui la sanità. In Italia il fondo sanitario ha perso 35 miliardi, 70.000 posti letto, 50.000 unità di personale, sono stati chiusi tantissimi ospedali e presidi territoriali, si è chiuso l’accesso a medicina, depotenziati i Pronto Soccorso, eliminati strutture e poli sanitari, per accorgersi ora che le strutture mancano. Si è fatto libero ricorso al precariato con le agenzie interinali, le partite IVA, il lavoro atipico.

La spesa sanitaria è progressivamente scesa (nonostante fosse già la più bassa dei Paesi europei) fino a raggiungere il 6,5% del PIL, la soglia di allarme fissata dall’OMS, soglia sotto la quale si riduce sia la qualità dell’assistenza e l’accesso alle cure sia l’aspettativa di vita.

Si è incoraggiata e finanziata la sanità privata attraverso l’esternalizzazione di molti servizi, la maggioranza dei quali attraverso appalti al ribasso: le pulizie degli ospedali e dei presidi territoriali, vincolate a pochissimi minuti per sanificare bagni e ambienti, ha facilitato un aumento delle infezioni ospedaliere. Sono state esternalizzate le ambulanze, l’assistenza domiciliare, molte prestazioni della salute mentale e quasi totalmente le lungodegenze e le RSA. Tutti servizi consegnati nelle mani dei privati, che impiegano lavoratori sottopagati, sotto inquadrati, ricattabili per la costante minaccia di perdita del posto di lavoro. Grazie alla complicità di CGIL,CISL,UIL, nei contratti sono entrate, attraverso il Welfare contrattuale e aziendale, le compagnie assicurative, per lucrare sulla assistenza sanitaria integrativa .

A partire da queste considerazioni la nostra piattaforma prevede: il rilancio immediato della sanità pubblica con il potenziamento dei servizi sanitari e territoriali, investimenti in prevenzione, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, aumento significativo degli organici di personale negli ospedali e nel territorio, aumenti salariali per tutti i lavoratori, la riduzione dell’orario di lavoro e l’adesione ad un unico contratto per i lavoratori della sanità pubblica e appaltata, la cessazione dei finanziamenti alla sanità privata e al welfare aziendale, l’abolizione del sistema di appalti per un affidamento al pubblico con garanzia occupazionale di tutti i lavoratori coinvolti per quanto riguarda ospedali, cliniche, RSA, RSD, centri diurni, domiciliari, etc, il diritto di parola di tutti i lavoratori contro l’obbligo di fedeltà aziendale.

A Firenze, come in altre città (ad es Milano, Torino e Roma), ci saranno presidi davanti alle sedi regionali, in quanto la competenza e l’utilizzo delle risorse finanziarie per la sanità è di competenza regionale.

  1. La tragedia del Covid 19 ha fatto moltissime vittime nel personale sanitario, pensi che questo poteva essere evitato con una diversa organizzazione del lavoro e con migliori strumentazioni a protezione dei lavoratori?

Dobbiamo rilevare che un effetto positivo di questa pandemia è quello di aver risvegliato le coscienze e l’attenzione sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, perché tutti si sono sentiti particolarmente vulnerabili sui luoghi di lavoro, con strumenti di protezione insufficienti di qualità e quantità, con disposizioni talvolta contrastanti, direzioni e burocrazie aziendali che emanavano linee guida e procedure diverse di momento in momento; dobbiamo dire che solo la coscienza dei lavoratori più attivi e una buona dose di autorganizzazione ha fatto sì che non ci fossero danni anche peggiori. C’è da dire anche che le disposizioni governative si sono preoccupate prioritariamente di rendere “legale” e poter quindi tutelare i datori di lavoro nelle cause di infortunio che ci sono e ci saranno nel settore: ad es è stato scandaloso quanto previsto all’art 16 del decreto Cura Italia che ha reso le mascherine chirurgiche Dispositivi di protezione individuale, quando fino a quel momento venivano considerati esclusivamente dispositivi medici. Sulle mascherine si è visto di tutto: da quelle scadute alle autoproduzioni. È anche lecito domandarsi come mai, a fronte di una malattia contagiosa sicuramente annunciata, ci siamo trovato così sprovvisti di DPI.

  1. Uno dei paradigmi emersi durante la pandemia è quello della debolezza di un sistema che, soprattutto nelle grandi città, ha svenduto pezzi importanti della sanità al privato, che ha ben poco contribuito ad affrontare l’emergenza. Cosa pensi si debba fare oggi per invertire la tendenza alla privatizzazione?

Come detto sopra una gran parte di servizio sanitario è stato esternalizzato e privatizzato: una tendenza che è continuata anche durante la pandemia, resa possibile anche dai decreti governativi che hanno fatto rientrare in gioco la sanità privata prevedendo contratti in deroga anche alle procedure di accreditamento: una misura che ha scatenato gli appetiti di strutture private, rimaste in disparte nello scatenarsi dell’epidemia. I finanziamenti che sono previsti per la sanità devono tendere a potenziare il servizio pubblico, gli ospedali e i territori, ma deve cambiare anche la modalità di gestione del pubblico: il sistema sanitario non può funzionare come un’azienda, su prestazioni economicamente più vantaggiose, sul numero di prestazioni e non sulla capacità di rispondere in modo qualitativamente sufficiente e sollecito ai bisogni delle persone.

  1. Nel sistema privato i lavoratori svolgono mansioni similari a quelli del pubblico con tutele e stipendi inferiori quale è la situazione attuale?

Come abbiamo detto molti servizi sono stati esternalizzati e i lavoratori di questi servizi sono raggruppati in una dozzina di contratti diversi (contratto Cooperative sociali, Anaste; istituti religiosi, opere valdesi…), tutti contratti dove comunque a parità di mansioni ogni lavoratore guadagna circa il 30% in meno di chi lavora nel pubblico, è soggetto a rischio di perdita lavoro ad ogni cambio di appalto, ha tutele inferiori rispetto a congedi, permessi, malattie… Anche in questa emergenza ad esempio i lavoratori dei servizi esternalizzati che sono stati chiusi (es Centri diurni disabili e anziani) hanno dovuto usufruire di cassa integrazione, con tagli di stipendi: così mentre i lavoratori delle strutture pubbliche hanno avuto un “premio” stabilito dalle varie regioni come riconoscimento del rischio e del disagio, questo non è stato riconosciuto ai lavoratori delle RSA, dove si è verificato comunque un alto numero di contagi e decessi: tutti meccanismi che tendono a dividere i lavoratori .

  1. Ci sono state molte rappresaglie contro lavoratori che hanno denunciato la carenza di Dpi durante l’emergenza, quanto è grave oggi il clima di intimidazione in Sanità?

In sanità come in altri settori vige la vergognosa normativa contrattuale, che permette di sanzionare fino a licenziare per violazione dell’obbligo di fedeltà aziendale: un obbligo che tende a cancellare ogni possibile forma di critica nei confronti del datore di lavoro e che richiede che i lavoratori aderiscano ideologicamente alle politiche sanitarie aziendali: una censura intollerabile , che vuol rendere il lavoratore complice delle politiche aziendali e che ne impone il consenso attraverso schiere di capi e capetti. Un consenso ricercato anche a pagamento, vincolando premi incentivanti che tendono a premiare comportamenti collaboranti e obbedienti alle direttive aziendali.

  1. In sanità operano molti sindacati, oltre a quelli confederali maggioritari, diverse sigle di base e anche sigle autonome corporative, qual è il tuo giudizio su di loro e puoi farci un esempio in cui la Cub Sanità si è distinta in positivo.

La nostra organizzazione mira all’unità dei lavoratori e quindi di chi lavora nella sanità e di chi ne deve usufruire, affinché i diritti degli uni convergano con quelli degli altri, anche perché tutti noi possiamo diventare utenti da un momento all’altro.

Purtroppo soprattutto nella sanità pubblica le tendenze corporative sono avanzate in questi anni, ad esempio i sindacati corporativi degli infermieri come il NURSIND si sono visti anche vincenti nelle ultime elezioni RSU. Per quel che riguarda i sindacati di base riteniamo che molti obiettivi sono condivisi ma vediamo nella nostra organizzazione una maggiore volontà di incidere anche sul sociale rispetto ai soli obiettivi sindacali e per questo ci impegniamo.

  1. Nonostante le differenze sindacali molto profonde saresti disponibile a costruire mobilitazioni comuni, magari uno sciopero unitario? Su quale rivendicazione potrebbe essere possibile?

Abbiamo lanciato il 10 giugno un appello agli altri sindacati di base per costruire una giornata di mobilitazione e di sciopero comune a breve scadenza nel settore, ma purtroppo abbiamo dovuto rilevare più la volontà di trovare quello che ci divide piuttosto che mettere insieme quello che ci unisce e proporre una giornata insieme. Riteniamo però che sia un percorso da fare e da costruire, almeno nelle realtà cittadine, partendo dalla base. E speriamo che ci possa portare a delle vere mobilitazioni comuni che ci portino a conquistare un diritto universale quale quello della salute.