Pandemia nelle fabbriche e protocolli farsa: ne parliamo con gli operai Sevel del Coordinamento Slai Cobas di Chieti e attivisti del Fronte di lotta No austerity

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Abbiamo intervistato Marco Usai, Angelo Insolia e Giordano Spoltore, lavoratori della Sevel, colleghi da 26 anni e attivisti di un avanzato e combattivo gruppo operaio: il Coordinamento Slai Cobas di Chieti

Marco, in fabbrica riuscite sempre a mantenere il distanziamento durante le attività lavorative?

È illusorio il rispetto del distanziamento fisico con lo svolgimento assiduo di attività continue a danno degli operai e la sistematica riduzione delle postazioni con tagli dei tempi sulle operazioni. Tutto previsto, tra l’altro, sul protocollo aziendale oggi e dapprima con l’applicazione del nuovo sistema di lavorazione (ERGO UAS), avallato dalle burocrazie sindacali.

Angelo, in caso di riscontro di positività al Covid 19, quali misure vengono prese per isolare sia il lavoratore positivo sia i colleghi che sono stati a contatto con lui?

Attualmente nei 50 casi di positività che sono stati comunicati all’azienda si sono limitati a sanificare la postazione di lavoro dell’operaio positivo e questo sempre durante la pausa mensa così da non perdere produzione. Questo vuol dire che un altro operaio prima della sanificazione avrà lavorato almeno 6 ore su quella postazione, ma realmente quando viene comunicata la positività il lavoratore si trova già in malattia anche da una settimana, cioè vuol dire che più lavoratori su vari turni avranno lavorato su quella postazione. Per chi è stato a stretto contatto con l’operaio positivo nessun controllo. A dimostrazione di questo fino a un mese fa, a un operaio che nella vita privata e familiare era a contatto con qualcuno in attesa di tampone, gli era vietato l’ingresso in azienda fino all’esito negativo del tampone del familiare o del contatto (coperto con i suoi giorni di ferie). Tutto questo fino a quando il numero degli operai assenti a causa di questa procedura non ha creato problemi alla produzione, quando il numero è stato importante la procedura è stata annullata.

Giordano, in questo quadro allarmante di aumento dei contagi, qual è stato il ruolo delle direzioni dei sindacati confederali?

Le oo.ss. firmatarie il Ccsl, compresa la Fiom, hanno condiviso e legittimato il protocollo siglato con FCA il 9 aprile, limitandosi a partecipare con gli rls alla commissione aziendale Covid-19 ed informare attraverso messaggistica telefonica sulle decisioni poste in essere per quanto concerne i d.p.i., le opere di sanificazione, relativi prodotti ed il numero dei contagi.

Marco, a marzo, mentre le segreterie nazionali di Cgil, Cisl e Uil erano chiuse nei palazzi romani a firmare i cosiddetti «protocolli sicurezza», migliaia di lavoratori, tra cui voi della Sevel, hanno scioperato per tutelare la loro salute e quella dei loro familiari, nonché la salute pubblica. Quale insegnamento ci dà oggi quella pagina storica di lotta di classe del movimento operaio?

Dopo anni di soprusi in cui il padrone fa di tutto per ingannare gli operai facendosi passare come benefattore, mascherando lo sfruttamento con irrisorie elemosine e promesse ingannevoli, con la complicità di burocrazie politiche e sindacali riformiste e opportuniste, lo sciopero è e rimarrà l’unica scelta possibile per tutelare la sicurezza dei lavoratori e dei propri famigliari.

A marzo i lavoratori , di fronte al tradimento delle direzioni sindacali che li avevano spediti in fabbrica a contagiarsi, hanno scioperato per tutelare la loro salute.

Angelo,  i lavoratori Sevel usano anche mezzi pubblici per raggiungere il posto di lavoro? Secondo te il tragitto di andata e ritorno dal lavoro può esporre i lavoratori al rischio di contagio?

Un’alta percentuale di lavoratori usa mezzi pubblici per recarsi a lavoro, perché molti di loro arrivano da posti distanti regionali e fuori regione. Questi sono quelli più a rischio semplicemente perché chi abita vicino può anche permettersi di viaggiare con mezzi privati, invece per chi arriva anche da 80km di distanza la spesa sarebbe improponibile e i pullman, per chi viene da più lontano, sono sempre pieni e logicamente i tempi di viaggio anche più lunghi fino a superare un’ora di viaggio. Questo anche perché le regioni che sono responsabili del trasporto pubblico, invece di aumentare i mezzi, hanno stupidamente aumentato i posti a sedere sui pullman così da mancare la distanza che si aveva ad aprile quando siamo tornati a lavoro.

Giordano, sabato 7 novembre, in seguito all’aggravarsi della diffusione di contagi da Covid 19, come Coordinamento Slai Cobas di Chieti avete proclamato un importante sciopero di 8 ore per tutti i turni, uno sciopero esemplare che ha messo in primo piano la sicurezza dei lavoratori. Come spesso accade, al solo affiggere il comunicato di sciopero nelle bacheche, burocrazie sindacali, delegati venduti e accondiscendenti, capi e capetti di ogni risma e media borghesi, dopo mesi di segnalazioni ignorate, si sono apprestati a srotolare la retorica dei «va tutto bene, è tutto sotto controllo, stiamo facendo…». Quanto credi sia importante uno controcomunicazione di classe che sbugiardi le menzogne dei padroni e dei funzionari sindacali complici?

A seguito dell’ aumento giornaliero di colleghi contagiati in diversi casi appartenenti ad ute e turni identici abbiamo deciso che tale circostanza non fosse più tollerabile pertanto abbiamo proclamato uno stato di agitazione, che ha provocato una riduzione produttiva, con scioperi di 8 ore sui turni previsti nel week-end per denunciare il rischio epidemiologico.

Un ultima domanda, Giordano: da anni il vostro gruppo operaio dello Slai Cobas di Chieti è impegnato nella costruzione del FLNA, un progetto di fronte unico di azione che unisce diverse realtà di lotta. Quanto credi sia importante unire la classe operaia, indipendentemente dalla collocazione sindacale, sulla base di parole d’ordine anticapitaliste?

La persistente emergenza sanitaria che amplifica le disuguaglianze sociali e salariali conferma l’importanza e la strategica necessità del progetto di unire le lotte presenti nei diversi settori produttivi sia a livello nazionale che internazionale per contrastare l’arroganza padronale, la precarietà legalizzata ed il collaborazionismo confederale al fine di tutelare il diritto alla salute e rivendicare condizioni lavorative, economiche e sociali inconciliabili con quelle imprenditoriali.