LUCHA Y SIESTA, LA LOTTA NON SI FERMA

2' di lettura

Sembrava che la situazione di Lucha y Siesta si fosse sbloccata a fine dicembre, quando la Regione Lazio ha approvato un emendamento di bilancio con cui sono stati stanziati 2,4 milioni di euro per salvare l’esperienza della Casa delle donne di Via Lucio Sestio, a Roma.

Invece, qualche giorno fa, è stata fissata la data per l’asta giudiziaria dell’immobile che ospita la Casa, che si terrà il prossimo 7 aprile, con una base d’asta di 2,6 milioni di euro. Sembra, inoltre, che la Sindaca, Virginia Raggi, abbia mobilitato gli uffici competenti per verificare la possibilità che il Comune di Roma possa partecipare all’asta per acquistare l’immobile, per destinarlo ad attività come quelle già svolte dall’associazione Lucha y Siesta. Non si comprende quale sia il senso di questa operazione, visto che il comitato Lucha alla città, nato la scorsa estate con l’obiettivo di raccogliere fondi per salvare la Casa, ha più volte chiesto un incontro all’Amministrazione, ma finora non ha ricevuto alcuna risposta. Sono, invece, continuati i colloqui con le donne, ospiti della struttura, al fine di cercare sistemazioni alternative, confermando nei fatti la volontà di portare avanti lo sfratto.

L’edificio, infatti, di proprietà dell’ATAC, che intende venderlo per fare cassa, fa parte del piano di sgomberi elaborato dall’amministrazione capitolina in seguito all’approvazione del decreto sicurezza, in applicazione di una politica legalistica e securitaria, che sta impoverendo il tessuto sociale della Capitale e ha portato alla chiusura di quasi tutti gli spazi occupati e auto-organizzati – ATAC rappresenta appieno l’esempio controproducente della gestione pubblica dei beni comuni in cui, servizi di collettiva utilità, vengono sfruttati a favore di interessi privati e speculativi – tutto ciò non sarebbe mai avvenuto se ATAC fosse stata realmente nazionalizzata sotto il controllo dei lavoratori.

La legalità non sempre coincide con la giustizia. Lucha y Siesta non è soltanto un edificio occupato, che, per altro, era in stato di totale abbandono prima che le volontarie lo risistemassero; è un progetto che, dal 2008, ha accolto 142 donne, permettendo loro di ricostruire il proprio percorso di vita, e ne ha sostenute altre 1200; un luogo in cui le donne che escono da situazioni di violenza possono trovare supporto psicologico, sostegno legale e orientamento al lavoro, senza limiti di tempo; è uno spazio femminista e trans femminista di costruzione politica e aggregazione sociale. Inoltre, grazie al lavoro delle volontarie, Lucha y Siesta ha fatto risparmiare alle casse comunali, circa 6 milioni di euro, secondo i calcoli della stessa associazione.

Nelle ultime ore si è mobilitata anche la Regione Lazio, che ha già effettuato il primo sopralluogo, propedeutico all’offerta d’acquisto, con l’obiettivo di garantire la continuità del progetto.

Il Comitato Lucha alla città non si arrende e continuerà a cercare ogni possibile soluzione per mantenere viva e operante l’esperienza.

Intanto, in Italia, i femminicidi non accennano a diminuire, già 13 donne sono state uccise dall’inizio dell’anno. Il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, parla di “emergenza nazionale”. La violenza di genere, però, non può essere affrontata secondo una logica emergenziale, è un fenomeno sistemico e strutturale, trasversale a tutta la società. Per questo noi donne del collettivo Donne in Lotta, del FLNA, crediamo che il patrimonio culturale e sociale di Lucha y Siesta non possa essere disperso e sosterremo ogni iniziativa di lotta a sostegno della Casa.

Donne in Lotta Roma